Home > Opera > Scritti > Incontri > Il mangiapreti e il vescovo

Il mangiapreti e il vescovo

Serie

Incontri

Descrizione

Sotto gli occhi e i baffi che da una grande foto del nonno mi indagano, mi giudicano e mi confortano.

Quando eravamo ragazzi, mio fratello ed io sentivamo spesso da papà e mamma di un vescovo che veniva a Rivarolo nella casa dei nonni a mangiare il risotto che la nonna preparava per lui.
(Quella ricetta, che mi è rimasta, mi consente ancora di vantarmi della cosa che forse mi è riuscita meglio nella vita, in cui ho combinato così poco come prete e poco come pittore, che è proprio quel risotto).

Non chiedevamo spiegazioni per quelle visite che ci sembravano così improbabili, poiché anche solo nominando Rivarolo vedevamo le lacrime nei loro occhi, per il persistente dolore di averlo dovuto abbandonare, quando si trovarono da ricchi che erano poveri.

Sapevamo com'era il nonno dai ricordi familiari alle testimonianze di vecchi rivarolesi che ci fermavano in piazza: che era un galantuomo dello stampo che ora è perduto, un padrone giusto, un ricco generoso benefattore dei poveri.

Sapevamo che era un patriota entusiasta, un ufficiale orgoglioso, un capofamiglia da obbedire.
(Quando tornava a casa dalle sue terre sulla sua cavallina bianca faceva passare il frustino sulle grate delle finestre e a quel suono tuttti in casa si mettevano a posto...)

Ma soprattutto sapevamo che era un laico, a differenza dei suoi di Calvisano, religiosi di lunga tradizione e cristiani coerenti e benefici.
Ma anche in questo la qualità era quella ormai quasi perduta in questo tempo in cui dirsi laici serve a mal mascherare bigottismi a rovescio e appartenenze non onorevoli.

A dirla alla vecchia, era un robusto mangiapreti, come lo fu anche mio padre fin che incontrò i preti giusti; e come lo resto un po' anch'io, pur escludendomi dalla mia dieta, visto che qualcosa ho imparato da quel parroco di Bozzolo che adesso tutti esaltano, anche quelli per i quali l'ho visto piangere (le tombe erette da Israele ai profeti uccisi...).

Che un vescovo frequentasse quel mangiapreti mi restò improbabile fin che mi accorsi che Rivarolo è nella diocesi di Cremona e che il vescovo ne era il bresciano Bonomelli.

Da una sponda e dall'altra del fiume che dividerebbe i credenti dai non credenti, ma che non è mai invalicabile se sulle rive si fronteggiano due galantuomini, il vescovo e il mangiapreti condividevano il sogno comune di un'Italia unita, matura e libera da tutele e una Chiesa affrancata dalle ossessioni del potere che serva solo il Signore, come quella che potrà venire al mondo dalla difficile gestazione di questo papa, che a loro due piacerà tanto e piace così poco a vescovi pigri, a preti abitudinari e a quei laici cattolici che della Chiesa si servono per garantirsi soldi – molti invero – ed esercizi abusivi di potere.

Per questo, quando dal paese natale di Bonomelli mi chiesero di prestare dei quadri per una mostra in occasione del centenario ne fui felice più che se mi avessero invitato a Parigi.

Mi sorrideva l'idea, e mi fa ancora sorridere, che a fargli onore fosse il nipote prete di quel suo amico. Non poteva immaginarselo il nonno - e non so come avrebbe reagito - poteva forse immaginarselo il vescovo, cui non mancava un pacato umorismo, conscio com'era degli scherzi che ogni tanto il Signore si prende il gusto di fare ai Suoi avversari degni di rispetto.

Quel nipote poi dipinse tutta la vita, con più dedizione che talento, avendogliene dato i suoi vescovi la libertà e il mandato. E le due cose mi sorprendono ancora.

Ormai vecchio, tiro avanti, offrendo la memoria riconoscente, l'affezione che non potei dare loro in questo mondo; e le povere cose che faccio sono il mio omaggio al mio nonno mangiapreti e a quel vescovo suo compagno di tavola – e di sogni.
Renato Laffranchi - info@renatolaffranchi.it