È il titolo di un libro nel quale alcuni amici hanno raccolto contro il mio parere qualche mia predica.
Ma è anche il binario sul quale mi muovo, o piuttosto il nodo che unifica due condinzioni apparentemente contradditorie in una convincente esperienza quotidiana.
LA FOLLIA. Non perché sia folle credere in un dio, tanto più che in mancanza di prove anche il non crederci è un atto di fede. (A qualche mio amico che vi si ostina dico che di tanta fatica mi pare non valga nemmeno la pena)
Ma una fede cristiana un po' di follia la richiede davvero.
Non è così ragionevole lasciarsi persuadere di essere amati da Dio, sapendo quanto siamo tutti poco amabili.
E non è “ragionevole” neanche Lui, che si perde in un “eccesso di amore”, come dice San Paolo, implicandosi in una vicenda che è tragica ma anche un po' miserevole; proprio come lo Sposo innamorato dei profeti che va a riprendersi la sua donna sui marciapiedi dove si è svenduta, lasciandolo.
Non è ragionevole, per noi “greci” che pretendiamo sapienza, convincerci che il divino ci viene incontro in un uomo, che ci dà la vita un morente, che un vinto ci assicura vittoria.
Ma se io non esito nella notte al bordo della piscina, se scavalco un po' folle le diffidenze associandomi a quell'altra Follia, se ho l'audacia dei poeti e dei bambini, allora mi trovo a nuotare nelle acque della Vita.
LA SPERANZA, altra, mi è data; àncora di tutti i desideri, sostegno di ogni stanchezza, coraggio per ogni impresa, medicina dei dolori, splendore che vince le notti.
E non mi delude, come la dolce fanciulla che Monteverdi dà a compagna al suo Orfeo, anche lui così folle da sfidare nella sua tana la Morte.
Perché, come scrive ai cristiani San Pietro, gli “altri” non sono quelli che non riescono a credere, ma “quelli che non hanno la Speranza”.