Le immagini vengono da lontano, da quell'archetipo originale, immaginato dagli uomini al loro primo porsi di fronte al mistero della loro identità, di fronte all'inesorabilità della morte, di fronte all’enigma del mondo.
È il labirinto di Creta, l’oscura caverna nella quale si inoltra Teseo, l’adolescente invincibile, per l’incontro con la mortale Presenza che bisogna sia affrontata e uccisa, perché l’Uomo riemerga alla luce, libero, vincitore e redento.
Sono i Giochi di Troia, i giri di pietre che i marinai lasciavano sulle rive d’Europa, evocazioni del mitico giro dei Greci attorno al cerchio delle mura di Troia, che poi diventa, nelle miniature cristiane, la fatidica Gerico, la rocca che Israele espugnava con trombe divine, levando l’Arca nel settemplice giro, anch’essa centro di un labirinto, bottino di un assedio difficile e numinoso.
Sono i labirinti che le cattedrali iscrivevano sul pavimento del santuario, dove Gerico è diventata Gerusalemme, verso la quale pellegrinavano in ginocchio i fedeli, in sostituzione di pellegrinaggi impossibili.
Sono difficili itinerari, aiutati dal solo navigatore che è il desiderio, verso una illuminazione di gioia, verso un cuore assediato, verso una città, che è poi sempre Gerusalemme.