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Di' che venga anch'io

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Vita

Descrizione

Pietro e la fede in una pagina del vangelo

Io non so come vedevano Simone gli altri del gruppo, prima e dopo che Gesù gli mettesse quel nome impegnativo di “Pietra” (che poi pietra lo fu sì e no, a leggere il Vangelo).

Simpatico, spero, come è simpatico a me; e qualche volta anche comodo, visto che col vizio che aveva di dire anche con qualche improntitudine quel che gli veniva in testa si trovava spesso in prima fila per qualche correzione del Maestro, come i bambini che in classe intervengono sempre, magari a sproposito, a vantaggio di compagni meno avventati.

E delle correzioni ne ha avute; qualche volta anche un po' brusche, a nostro vedere.

 

Una volta aveva risposto prima degli altri a una domanda del Maestro, dopo che Gli avevano riferito la gran confusione della gente riguardo a Lui: ”E voi, chi dite che io sia?” E lui pronto : “Tu sei il Messia, il Figlio del Dio vivente.”

L'aveva così indovinata la risposta, che Gesù si complimentava con lui, non per un improbabile colpo di genio, ma per una speciale rivelazione dall'alto. “Sei beato, Simone, poiché questo non l'hai capito per conto tuo, ma te lo ha rivelato il Padre mio che è nei cieli.” E poi subito, come a premiare un riconoscimento con una investitura, gli dava il nome nuovo del nuovo destino che del pescatore faceva la Pietra su cui fondava il miracolo della Sua Chiesa.

(A me fa tanta tenerezza vedere che Gesù morendo affidava la Sua mamma all'amico che amava, ma affidava l'inaudita impresa all'apostolo che non era nemmeno il più affidabile e il più coraggioso, quasi consapevole di iniziare una storia di successioni che avrebbe visto nei secoli fedeltà discontinue, qualche eroismo e parecchi tradimenti; e che è proprio la ”nota” che fa scandalosa e misteriosa la Chiesa.)

 

Bene: a leggere Matteo al capitolo 16, sembra che subito dopo Gesù si sia messo a parlare di quel che doveva soffrire a Gerusalemme e della morte che Lo aspettava. Al che Pietro Lo prese in disparte e Gli disse che una cosa

simile non gli poteva proprio capitare, visto Chi era.

Che è poi quello che gli avrebbero detto anche gli altri – e anche noi.

Non soltanto si sentì dire che ragionava come gli uomini e non come Dio (il che era vero, come è vero per noi), ma addirittura si sentì chiamare “Satana”, davvero esagerando un po'.

Io mi immagino la sua faccia, decadendo appena insediatovi da quello che i suoi successori avrebbero chiamato “il Soglio” ad una squalifica così radicale; e mi viene da consolare un po' il capoclasse strapazzato dal Maestro perché noi scolari possiamo imparare qualcosa.

Ma c'è un altro passo di Matteo nel capitolo 14, dove Pietro e Gesù mi

innamorano.

Dopo avere sfamato le folle, il Signore voleva stare un po' solo e aveva

mandato a casa gli amici con la barca, per poi raggiungerli.

Dopo aver pregato a lungo in una di quelle Sue frequenti preghiere notturne, verso la fine della notte li raggiunge come aveva detto, ma a piedi, sul mare,

che fra l'altro era agitato da una di quelle improvvise tempeste che spaventano anche noi sui nostri laghi. La barca ormai lontana dalla riva è sballottata dai flutti quanto basta per preoccupare anche uomini pratici di mare. Per di più, alla luce dei lampi vedono uno che cammina verso di loro sull'acqua. Esperti nel loro mestiere ma anche semplici, si convincono che è un fantasma e si mettono a gridare dalla paura.

Ma Gesù parla subito: “Coraggio, sono io. Non abbiate paura.” Come fosse

la cosa più semplice da dire in un frangente del genere...

E qui tutto diventa un po' folle: Pietro – eccolo – prende la parola quando gli altri non hanno più fiato; e più curioso che spaventato, con la fiducia avventata di un bambino, Gli dice, come fosse la cosa più normale del mondo: “Se sei Tu, comanda che venga anch'io sull'acqua da te.”

E quell'Altro – e mi sembra che sorrida - “Vieni!”

E lui va, ed il bello è che non va a fondo appena uscito dalla barca, e nemmeno nuota, ma “comincia a camminare”, e cammina.

Certo che dopo un po' naufraga, dando ragione ai compagni meno sventati

ed a noi, troppo saggi per rischiare arditezze anche meno pericolose.

 

Ma il Vangelo ci ammonisce qui una lezione che sarebbe illuminante,

se non fossimo come siamo distratti ed ottusi. Ed è lezione fondamentale.

Visto che ci dice “perché” Pietro affonda.

Non perché, come sanno anche i più stupidi, uno che esce da una barca

se non nuota affonda; ma perché “ vedendo che il vento soffiava forte fu preso dalla paura” e solo allora cominciò ad affondare.

Gridò allora “Signore salvami!” E Gesù “subito” tende la mano, con quel gesto che Gli vediamo compiere tante volte nel Vangelo, che è il gesto di un Dio

che dà la mano all'uomo ferito e lo solleva dalla morte; e lo tira su.

E lo rimprovera con indulgente – e mi pare sorridente – dolcezza.

Ma non lo sgrida per avere osato qualcosa che doveva essere abbastanza

sensato e abbastanza umile per non osare; gli chiede solo ” Perché hai dubitato, uomo di poca fede”?

 

E di nuovo io sono grato a Pietro, per come è, per come ardisce e per come sbaglia; perché mi procura un insegnamento che mi è prezioso.

Mi fa ricordare quel che ha detto il Signore e che il Vangelo mi ha riferito:

Che se avremo anche solo un granino di fede e non ce lo lasceremo portar via dalle apparenti ragioni della Ragione o dagli spaventi delle tempeste potremo “fare anche noi le cose che faceva Lui e farne anche di più grandi.”

I gelsi trapiantati nel mare su ordine nostro, o le montagne che si spostano obbedendoci, i serpenti presi in mano che non ci mordono, i veleni che non ci uccidono, sono promesse che Lui mantiene, se noi ci fidiamo.

Come le antiche promesse del Padre prima che il Figlio venisse tra noi, che garantivano immunità all'innocente nel furore di sanguinose battaglie, proteggendolo con invisibile scudo da grandinate di frecce infuocate, circondando la sua tenda di pace, uccidendo gli scorpioni dei morbi e

dissipando i fantasmi del meriggio.

Quando sotto l'innocuo sole di Dio l'esule che tornava alla patria attraversava su piste sicure il deserto senza temere di mettere il piede su serpenti acquattati e di calpestare leoni e basilischi ormai inoffensivi perché domati dal Re. Quando la terra senz'acqua e selvaggia era anch'essa trasfigurata e

spianata come le strade che si preparavano ai principi, tutta adorna dei verdi trofei di alberi generosi e colorita di giardini improvvisi, come le infiorate delle nostre feste paesane.

 

Quelle promesse le rendiamo vere noi, insieme con il Signore, se solo siamo

capaci di crederGli, uscendo dalla nostra barca insicura in piena tempesta.

Allora possiamo camminare sulle acque e andare incontro a Lui, vincendo

il mare. Immuni come il soldato dei Salmi, inattaccabili dai nostri nemici, al

sicuro nelle Sue mani; fidando in Lui, che per noi ha vinto il mondo.

 

 

 

 

Renato Laffranchi - info@renatolaffranchi.it